Gianpiero
Manifesto per la Cannabis libera
La realizzazione congiunta del Manifesto per la Cannabis Libera, aperto alla sottoscrizione pubblica e sul quale sarà sviluppata la pressione territoriale tesa al cambiamento delle odierne politiche sulla cannabis che penalizzano i consumatori ed i coltivatori per uso personale oltre a creare un grosso danno sociale, su diversi livelli, nel nostro Paese.
Con questo Manifesto si vuole lanciare un forte messaggio affinché ogni cittadino possa valutare autonomamente se sia giusto o meno un deciso cambio di approccio sul tema, passando da un proibizionismo irreale ed irrealizzabile evidentemente anacronistico ed antiscientifico, che di fatto condanna persone per condotte innocue e personali, ad una regolamentazione della cannabis proficua a livello sociale ed economico.
Storia di una Pianta Benefica
Una Pianta, mille Proprietà.
Si riparte, come sempre accade nella Storia, dalla Terra, ma con il supporto di tecnologie oggi molto avanzate, che consentono di trarre il maggior beneficio dai doni che il territorio è in grado di fornire, primo tra tutti la Canapa. L’Italia era leader europeo indiscusso, fino a qualche decennio fa, nella produzione di questa pianta, definita “Cannabis” da Linneo nella sua Tassonomia, risalente al 1753. Una pianta, la Canapa, appartenente alla famiglia delle Angiosperme, erbacea a ciclo annuale, che si divide in tre specie principali: la Sativa, la Indica e la Ruderalis, accomunate tra loro da caratteristiche di facile coltivazione e rusticità. La Cannabis o Canapa, come abbiamo visto le due definizioni sono di fatto sinonime, ha una storia che si perde nella Notte dei Tempi e nasce essenzialmente con l’Uomo: i primi ritrovamenti risalgono addirittura al Neolitico, all’interno di una caverna in Romania, ma seguono l’evoluzione umana ad ogni latitudine e in ogni Continente, dall’Asia, alle Americhe, dall’Africa al Vecchio Continente Europa.
In Italia la produzione di questo vegetale venne avviata in modo sistemico nel periodo delle Repubbliche Marinare: con la fibra lunga e resistente del fusto si potevano infatti produrre resistenti vele e cordami, sia per le flotte da guerra che per le imbarcazioni da carico, che allora costituivano il mezzo più rapido del commercio, per la prosperità economica e l’espansione dei costituiti territori marittimi indipendenti. Lo studio delle varietà ed il perfezionamento della selezione, condussero l’Italia ad essere leader della coltivazione e della manifattura della Canapa, verso la fine del secolo XIX°, il nostro Paese era secondo produttore mondiale per quantità e fornitrice ufficiale della flotta reale britannica, la nostra canapa era sopraffina.
L’avvento dei navigli a carbone fece declinare questa manifattura, che presto però si riconvertì ad altri usi industriali ed alimentari di questo vegetale dalle mille risorse. Negli anni ’30 si intensificò enormemente lo studio di materiali derivanti dalla Canapa: materiali simil-plastici, carta, cartone, stoffe di trama sottile, utili all’arredo della casa e per preziosi corredi da sposa, resine, collanti, cellulosa, mangimi per animali, bio-carburante, fibre isolanti e materiali da costruzione, ma anche medicamenti contro il dolore acuto, sciroppi per la tosse ed altri analgesici, grazie alle proprietà dei circa 110 cannabinoidi in essa contenuti, curativi e in tutto simili ai cannabinoidi naturali, prodotti dal nostro cervello, dal latte naturale delle madri e dal nostro sistema endo-cannabinoide, più in generale.
Il settore alimentare poi, vedeva al primo posto per costo, domanda, gradimento dei consumatori e proprietà nutritive l’olio di semi di canapa, molto utilizzato negli Stati Uniti all’epoca e conosciuto nelle nostre campagne per le proprietà organolettiche e medicamentose, pur essendo apprezzato per il delicato sapore. Le farine e i prodotti da forno erano diffusi e normalmente reperibili al consumo. Della Canapa si parlava sempre e solo come di una grande risorsa e come un dono naturale, sfruttabile al 100%: della Cannabis non si butta via nulla. Tutto viene impiegato per usi produttivi e di conversione.
Henry Ford, sull’onda di questa grande novità per un materiale completamente naturale ed ampiamente disponibile a basso costo, proprio in quegli anni costruì la Hemp Body Car, un’autovettura di serie, la cui gran parte della carrozzeria interna ed esterna era realizzata in canapa, quindi molto più leggera della lamiera metallica e la cui propulsione era prevista ad etanolo di cannabis. Un’auto BIO ante-litteram a tutti gli effetti.
Poi venne l’epoca del proibizionismo negli anni ’50 e seguenti e man mano questa coltivazione venne abbandonata, lasciando il posto ai materiali plastici, derivati degli idrocarburi, che sappiamo purtroppo lasciare traccia nell’ambiente per migliaia di anni, dopo il loro utilizzo. Dalle plastiche e dall’avvento dell’industria del petrolchimico, la Cannabis divenne ad un tempo dimenticata come risorsa e ingiustamente demonizzata come semplice memoria di tutte le civiltà umane. Un verdetto che sembra in questi anni aver finalmente raggiunto la data di “fine pena”.
Questo è il momento di tornare al Passato, con l'ausilio delle più moderne tecnologie, per ritrovare questo antico splendore e ricreare una filiera organica e funzionale, che dia un potente impulso alle attività agro-economiche. Da qui parte il nostro intento e si concretizza il nostro progetto.