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Alla scoperta dell'Olio di Cbd
Che cos'è l'olio di CBD?
Il CBD oil o olio di canapa è un prodotto estratto dall'omonima pianta, in grado di assicurare all'organismo una serie di benefici che sono oggetto di sempre maggiore interesse da parte del mondo scientifico.
Quando si parla di cannabis si è portati a pensare agli stupefacenti e agli effetti poco vantaggiosi che hanno sull'individuo; tuttavia, l'olio in questione, pur derivando dalla medesima specie vegetale, in realtà non ha nulla a che vedere con l'azione psicoattiva della droga. Al contrario è in grado di apportare diversi effetti benefici sia sotto il profilo mentale che sotto il profilo fisico. Dà infatti un utile sollievo a tutte quelle persone che soffrono di disturbi legati allo stress, ad alcuni stati infiammatori e a diverse altre condizioni che possono essere risolte, o per lo meno migliorate, attraverso un prodotto totalmente naturale e facile da reperire.
CBD e THC: le differenze
La Cannabis, o canapa, è una pianta angiosperma appartenente alla famiglia delle Cannabaceae ed è costituita da diversi elementi, tra cui spiccano le cosiddette sostanze cannabinoidi ovvero il THC (tetraidrocannabinolo) e il CBD (cannabidiolo). Il THC è l’elemento psicoattivo che provoca nel consumatore sensazioni di euforia, rilassamento, percezione spazio-temporale, e, all’interno del corpo, si lega ai recettori CB1, la cui stimolazione rende conto degli effetti euforizzanti dei cannabinoidi ma anche della loro azione antiemetica, antiossidante, ipotensiva, immunosoppressiva, antinfiammatoria, analgesica, antispastica e stimolante dell'appetito.
Il CBD, invece, è un cannabinoide non psicoattivo e agisce in modo diametralmente opposto: si lega ai recettori CB2, che si trovano sulle cellule T del sistema immunitario e a livello del sistema nervoso centrale. La stimolazione dei recettori CB2 sembra essere responsabile principalmente della azione anti-infiammatoria e immunomodulatrice dei cannabinoidi.
In parole povere quindi, il THC altera le mente, mentre il CBD stimola la guarigione, consentendo di trattare l’ansia, la psicosi, i vuoti di memoria e disturbi come l’epilessia e la schizofrenia. Non producendo effetti psicotropi il CBD è legale nella maggior parte dei paesi del mondo.
Olio di CBD
L’olio di CBD è disponibile in varie concentrazioni e il suo punto forte è rappresentato dalla versatilità di utilizzo. Per ottenere l’olio di CBD, l'estratto viene diluito con olio di semi di canapa: questa soluzione permetterà di ottenere, quindi, le varie tipologie di oli presenti in commercio. Può essere assunto per via sublinguale, essere aggiunto agli alimenti e alle bevande che consumiamo quotidianamente, o ingerito sotto forma di capsule. Gli effetti dell'olio di CBD vengono percepiti più rapidamente quando viene assunto per via sublinguale. Questa tecnica d'assunzione garantisce dosaggi molto precisi e costanti e consente di ottenere gli effetti desiderati in tempi estremamente ridotti (dai 5 ai 20 minuti), in quanto il CBD viene direttamente assorbito dal flusso sanguigno del tessuto sublinguale. Le capsule gel sono l’alternativa all’olio che permette di evitare il cattivo sapore e gli sprechi o i sovradosaggi, avendo ogni capsula un contenuto di CBD standard. Rispetto alla tecnica sublinguale, l'ingestione di capsule richiede qualche minuto in più per fare effetto, ma rimane un metodo molto usato dalle persone dal palato più delicato.
Composizione dell'olio di CBD
Il CBD oil viene estratto dalla pianta di canapa e precisamente dalle fibre delle piante femmine della specie. Si tratta di un prodotto a base di cannabidiolo, che risulta privo di THC. Quest'ultima sigla sta ad indicare l'enzima che dà vita agli effetti psicoattivi legati allo stupefacente, il tetraidrocannabinolo, e quindi non è presente nell'olio che è oggetto di trattazione. Nel dettaglio, se il THC è in grado di eccitare e stimolare attività anomale nel cervello umano, il CBD al contrario determina una sensazione di rilassamento e di calma generale.
Resilienza Italia Onlus è profondamente convinta che la Canapa sia una risorsa estremamente utile per l'ambiente e l'economia e che necessiti di una legislazione adeguata per poter essere valorizzata al meglio. Se anche tu sei d'accordo, aiutaci oggi a realizzare il nostro sogno, il 2020 può davvero essere un anno di svolta per il nostro ambiente. Un mondo più sostenibile è possibile.
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La Croazia verso la legalizzazione
Primo paese europeo a legalizzare la cannabis?
In Croazia è stata proposta una legge per legalizzare la cannabis e permettere ai maggiorenni di coltivare fino a 9 piante. Mirela Holy, la politica che l’ha proposta, invita il paese ad un dibattito pubblico prima dell’iter parlamentare raccontando i benefici portati dalle legalizzazioni in Canada e USA.
La Croazia potrebbe essere il primo paese europeo a legalizzare la cannabis anche per l’utilizzo ricreativo. La politica Mirela Holy, fondatrice del partito chiamato ORaH, ha lanciato la proposta e ora si sta facendo in quattro per raccontare i benefici economici che ne deriverebbero per tutto il paese. Di recente ha sottolineato che la proposta sarà oggetto di un dibattito pubblico e che poi, per il disegno di legge prevede la piena legalizzazione della cannabis, seguirà la discussione parlamentare. Dopo aver spronato tutti i cittadini interessati a partecipare al dibattito, cercando di coinvolgere un’ampia fetta di popolazione, ha illustrato i punti chiave della riforma “che prevede di sfruttare appieno tutto il potenziale della cannabis per scopi economici, ricreativi e medici".
Una legalizzazione ibrida
Andando al cuore del discorso e spiegando come in Uruguay la regolamentazione sia stata sotto lo stretto controllo dello stato, mentre negli Stati Uniti e Canada è stata lasciata più libertà ai privati, per la Croazia lei immagina un modello che sia una via di mezzo. “Proponiamo un modello di agenzia statale ibrido (statale/privato) per mantenere l'alta qualità del prodotto sul mercato.
In merito all'uso della cannabis per scopi ricreativi, il disegno di legge consentirebbe ad ogni adulto di coltivare fino a nove piante ad alto contenuto di THC per le proprie esigenze personali”. Secondo la Holy, “la coltivazione della canapa ha un grande potenziale economico. Data la sua alta qualità in termini di pulizia del terreno e un assorbimento di CO2 fino a quattro volte superiore, la coltivazione della canapa può anche essere uno strumento importante nella lotta contro il cambiamento climatico. I vantaggi economici sono enormi, per lo sviluppo della scienza, dell'uso dei cosmetici e della produzione di carta".
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Canapa alimentare: benessere a tavola per tutti
Canapa alimentare: benessere a tavola per tutti
La canapa alimentare presenta importanti proprietà nutrizionali; l'assenza di glutine, inoltre, la rende un alimento adatto in caso di celiachia.
La canapa alimentare, un cereale poco usato nella nostra tradizione alimentare, ha delle proprietà nutritive molto importanti e può essere utilizzata in sostituzione del frumento nei regimi alimentari per celiaci. Le proprietà nutritive della canapa la rendono un alimento molto nutriente, ricco di proteine vegetali e di aminoacidi essenziali, adatto a chiunque voglia seguire una dieta sana.
Nuovi cereali per un'alimentazione più sana
Cresce sempre più il numero di persone che si avvicina ad un tipo di alimentazione più sana. Introducendo nella dieta varietà di cereali fino ad ora sconosciuti, soprattutto nella nostra cultura mediterranea dove il frumento fa la parte del re, si possono prevenire piccoli disturbi di salute.
Cereali come la segale o l’avena, “cugini” del frumento, sono usati nell’alimentazione quotidiana nelle culture anglosassoni e hanno proprietà nutrizionali che ne fanno dei portatori di salute: quinoa, amaranto e avena, ricchi di lisina (aminoacido essenziale, generalmente scarso nei cereali), il nutriente grano saraceno, la protettiva segale; l’equilibrante orzo; il delicato mais; il sorprendente riso; l’alcalinizzante miglio; il versatile farro.
L’utilizzo della Canapa in campo alimentare
Tra i cereali ancora c’è poca conoscenza riguardo l’utilizzo della canapa industriale come alimento dalle straordinarie proprietà. La coltivazione della Canapa sativa e la sua trasformazione, con i suoi utilizzi in campo agroalimentare, oltre che commerciale e ambientale, è intesa al recupero di una tradizione italiana secolare, ormai quasi scomparsa. Nel nuovo interesse mostrato per le piante da fibra, e per la canapa in particolare, spesso si crea equivoco nel distinguere due specie differenti quali Cannabis Indica da droga (nota anche come Canapa indiana) e Cannabis Sativa da fibra. L’apertura alla coltivazione, con la Circolare del MIPAAF dello 02/12/1997, fissa le modalità da seguire da parte degli agricoltori interessati, così da evitare confusione con le coltivazioni da droga.
Le varietà di Cannabis Sativa, ammesse alla coltivazione nell’ambito dell’Unione Europea, elencate nell’allegato XII del Reg. CE 1251/1991, devono contenere un tenore di THC (tetraidrocannabinolo), il principio psicoattivo della cannabis Indica presente nelle infiorescenze, inferiore allo 0.2%; il Cannabidiolo (CBD), presente nei semi, non ha alcun effetto: i semi non contengono mai THC.
I diversi utilizzi della canapa
Con le foglie e i fiori della canapa si producono tisane, birra, caramelle, olio essenziale utilizzato in profumi e come aromatizzante per alimenti. Con i semi si ottengono, invece, esche per pesci, olio, condimento per alimenti utilizzato nella produzione di margarine, tofu, gelati e simili, integratori alimentari per uso nutraceutico, cosmetici e detergenti per l’igiene del corpo.
L’olio prodotto è impiegato nella produzione di detersivi, inchiostri per stampa, colori ad olio, tinte per esterni edifici, lubrificanti, solventi e combustibile.
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I benefici dell’utilizzo della canapa in edilizia
I benefici dell’utilizzo della canapa in edilizia
Fino ad oggi la possibilità di costruire a livello industriale con materiali a impatto negativo di CO2 era molto remota, la canapa invece è già disponibile in diverse soluzioni industrializzate ad alta efficienza energetica, facilmente fruibili e competitive (dai Biomattoni, alle macchine spruzzatrici e intonacatrici, dai Biocompositi premiscelati in impianto, ai pannelli e murature prefabbricate).
Inoltre in termini di prestazioni ambientali la canapa cresce velocemente e in soli 4 mesi un ettaro coltivato produce circa 12 tonnellate di questa pianta che, attraverso il processo della fotosintesi, assorbe anidride carbonica rilasciando ossigeno e immagazzinando carbonio in quantità pari alla produzione di 4 anni di un bosco delle medesime dimensioni.
I biocompositi in canapa e calce sono all’interno del protocollo per la certificazione degli edifici LEED e sono conformi ai Criteri Minimi Ambientali (CAM) stabiliti dal Ministero dell’Ambiente.
All’Italia premio europeo per la bioedilizia grazie alla canapa
Secondo i dati di Federcanapa, dal 2011 ad oggi in Italia sono stati costruiti e ristrutturati edifici mono e plurifamiliari per un totale di circa 500 edifici equivalenti a 690 ettari di bosco. La prima abitazione risale al 2011, a Giovanni in Persiceto, nel Bolognese, progettata da Oliver Zaccanti, architetto dell’Anab, l’associazione nazionale architettura bioecologica. In Puglia, a Bisceglie, invece, esiste uno dei più importanti esempi al mondo di bioedilizia. Sono le «Case Luce» progettate dallo studio di architettura Pedone Working nel 2016. Abitazioni costruite con canapa e calce, a basso impatto ambientale e in classe energetica A+. ll progetto ha vinto la categoria Energy and Hot Climates del Green Building Solution Award 2016. Si è imposto su oltre cento imprese provenienti da tutto il mondo.
Canapa e calce sono sufficienti per costruire e ristrutturare abitazioni ed edifici, sostenibili per l’ambiente e ad altissima efficienza energetica, risparmiando almeno il 50% di energia. E in più, anche le emissioni di anidride carbonica vengono dimezzate. A certificarlo è l’ENEA, l’ente nazionale di ricerca sull’energia e lo sviluppo sostenibile. Secondo uno studio realizzato de Effedil in Puglia, la bioedilizia migliora l’isolamento termico fino al 30% e riduce la capacità delle pareti di farsi attraversare dal calore del 20%.
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La canapa per ripulire i terreni inquinati da metalli pesanti
La canapa è un’alleata preziosa nelle sfide ambientali.
Non solo perché può essere fondamentale nel cambio di paradigma dall’uso sfrenato di derivati del petrolio, come ad esempio la plastica, o per l’enorme riduzione che potrebbe portare ai livelli di CO2 che immettiamo nell’atmosfera o per ridurre la deforestazione: può essere la chiave per aiutarci a ripulire letteralmente il pianeta tramite la fitorimediazione.
“Uno dei primi esempi moderni nell’utilizzo di piante per ripulire terreni contaminati è stato avviato in America agli inizi degli anni ’90″, racconta Mario Catania a proposito di fitorimediazione nel libro pubblicato da Diarkos. “E l’ennesimo paradosso che coinvolge questa pianta vuole che sia un esperimento tentato proprio dall’azienda DuPont, più volte messa in relazione al proibizionismo nei confronti di questa pianta. “Nello stesso periodo a Chernobyl”, si legge, “a pochi anni dal disastro nucleare, la canapa venne utilizzata nel tentativo di ripulire i terreni contaminati dai metalli pesanti. Ilya Raskin, una scienziata membro del team, coniò il termine fitorimediazione, mentre Vyacheslav Dushenkov, altro membro del team di ricercatori della società Phytotec, spiegò che: “La canapa si sta dimostrando come una delle migliori piante fitorimediative che siamo stati in grado di trovare”.
Anche in Italia abbiamo alcuni esempi di questo tipo. A partire dalla sperimentazione fatta presso la masseria Fornaro, che sorge vicino all’ex Ilva e che si vide abbattere tutti gli animali a causa degli elevati livelli di diossina presenti.
Oggi ne sta nascendo un altro, a cura dell’ABAP (Associazione Biologi Ambientalisti Pugliesi), che, dopo aver vinto un bando apposito, si stanno preparando ad effettuare lo studio in Puglia utilizzando diverse varietà di canapa. É il progetto GREEN (Generare Risorse Ed Economie Nuove).
“Il progetto fra parte di un filone di ricerca promosso dalla regione Puglia e noi siamo tra i vincitori”, sottolinea Marcello Colao, biologo dell’associazione spiegando che: “è finalizzato a studiare l’impiego della cannabis per fare degli studi sperimentali. Noi metteremo a confronto alcune varietà presenti nel catalogo europeo per vedere come si comportano dal punto di vista dell’accumulo dei metalli pesanti nella fitorimediazione. In base a questo stileremo una lista con le varietà più performanti e quale funziona meglio tra quelle disponibili”.
Si prevedono poi alcuni incontri pubblici per diffondere i risultati ottenuti. Il progetto vero e proprio inizierà a marzo con la semina in campo vicino all’aeroporto di Bari. “L’idea è quella di coltivare un ettaro che sarà diviso in due zone: una sarà coltivata a filari con le diverse varietà e l’altra a piccole aree di coltivazione, per capire le diverse modalità di reazione della pianta”.
Altro passaggio sarà quello di cercare di capire come e dove la pianta stocchi le sostanze inquinanti tolte dal terreno. “É un tassello importante, anche perché finalmente la ricerca indipendente viene finanziata dal pubblico e mi sento di dire che la Regione si è dimostrata coraggiosa”.
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Via libera per la cannabis alimentare
La cannabis può approdare sulle tavole italiane.
Il 16 gennaio 2020 è stato pubblicato, in Gazzetta Ufficiale, il Decreto che fissa i limiti massimi di tetraidrocannabinolo (THC) negli alimenti. Tale decreto si attende dal dicembre 2016, cioè da quando il disegno di legge presentato nel 2015 fu tramutato nella famosa legge n° 242, approvata con lo scopo di promuovere la coltivazione di canapa e le varie filiere di trasformazione ad essa collegate.
Via libera, quindi, a biscotti, taralli, pane, farina, olio, ma anche ricotta, tofu e birra contenenti il principio attivo. Per la Coldiretti con il decreto “sono state date risposte alle centinaia di aziende agricole che hanno investito nella coltivazione di questo tipo di pianta”. Secondo l’associazione, in 5 anni i terreni coltivati a canapa in Italia sono aumentati di 10 volte, passando dai 400 ettari del 2013 ai quasi 4mila del 2018.
Sono dunque passati 3 anni, durante i quali i semi di canapa a scopo alimentare e loro derivati (decorticato, olio e farina) sono stati venduti rispettando la circolare del 22/05/2009 che regolamentava la produzione e la commercializzazione di prodotti a base di semi di canapa per l’utilizzo nei settori dell’alimentazione umana, riconoscendone anche il potere antiossidante dato dall’elevato contenuto di acidi grassi polinsaturi in essi contenuti.
I limiti di THC stabiliti dal decreto
Il decreto stabilisce che il limite massimo di Thc per i semi di cannabis sativa, la farina ottenuta dai semi e gli integratori contenenti alimenti derivati, è di 2 milligrammi per chilo. Per l’olio ottenuto dai semi, invece, la soglia da non superare è di 5 milligrammi per chilo. Per la coltivazione e vendita di piante, fiori e semi a basso contenuto di principio psicotropo (Thc) si stima un giro d’affari potenziale stimato in oltre 40 milioni di euro, con un rilevante impatto occupazionale per effetto del coinvolgimento di centinaia di aziende agricole.
La richiesta della Coldiretti
La coltivazione di piante di canapa è diffusa in tutto il nostro Paese, secondo quanto riferito da Coldiretti. Questo tipo di coltivazione si estende da Nord a Sud, dal Piemonte alla Puglia, dal Veneto alla Basilicata, ma è presente anche in Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Sicilia e Sardegna. “Ora - conclude l’associazione - serve un analogo intervento legislativo per regolamentare una volta per tutte anche il settore che coinvolge la commercializzazione dei derivati della cannabis sativa nel rispetto dei principi costituzionali e convenzionali”.
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Cannabis light legale: l'emendamento nel milleproroghe?
La bocciatura del 16 Dicembre scorso
Il M5S torna alla carica sulla cannabis light: dopo la bocciatura dell’emendamento alla legge di bilancio, ora i pentastellati ci riprovano alla Camera con il decreto Milleproroghe. Del resto, lo avevano annunciato subito dopo il primo stop al loro tentativo di imporre la “canna di Stato”. “Abbiamo perso una battaglia, ma non la guerra”, avvertirono dopo che la presidente di Palazzo Madama, Elisabetta Casellati, ne aveva bloccato l’emendamento alla manovra, ritenendolo inammissibile.
L'accelerata dei 5 Stelle si fa forza della recente sentenza a favore dell'auto coltivazione della marijuana: l'intenzione dei pentastellati è di fare un esplicito riferimento alla pronuncia delle sezioni unite penali; ad esempio si potrebbero stabilire il numero delle piantine da coltivare e come poter rispettare i paletti posti anche dalla Corte Costituzionale. Come riportato da Il Messaggero, fonti 5S hanno fatto sapere: "Non si può lasciare ogni cosa allo stato brado e far sì che sia la giurisprudenza a dettare la linea".
Dunque la volontà è quella di agire concretamente con un emendamento: nelle prossime ore si cercherà di raccogliere i voti di una maggioranza trasversale. La proposta in questione prevede l'uso "in forma essiccata, fresca, trinciata o pellettizzata ai fini industriali, commerciali ed energetici". E il contenuto di tetraidrocannabinolo (Thc) dovrebbe essere inferiore allo 0,5%. L'idea è di ripresentare la medesima proposta come emendamento al Milleproroghe che dovrà essere convertito in legge.
Una corsa contro il tempo
La Casellati aveva rivolto un invito ben preciso a Partito democratico, Movimento 5 Stelle, Italia Viva e Liberi e uguali: presentare una proposta parlamentare. L'alternativa è rappresentata dal testo del senatore 5S Matteo Mantero, che però non è ancora stato calendarizzato. I gialli inoltre contano sull'appoggio di Roberto Fico, il presidente della Camera. Fonti del M5S avrebbe fatto sapere che si sta attendendo la relazione del Ministero della Sanità e quella dell'Interno. Nonostante le varie tensioni, è stato fatto notare non solo che c'è l'ok del dicastero dell'Economia, ma anche che "al Senato l'accordo nella maggioranza era totale".
Matteo Mantero ha osservato: "È una corsa contro il tempo. Marzo e Aprile sono i mesi in cui si semina, altrimenti si perdono i raccolti e si mandano sul lastrico 12mila famiglie". Il senatore ha poi aggiunto: "È assurdo che in Italia si stia parlando ancora di canapa industriale mentre nel resto del mondo legalizzano la marijuana. Chi parla di droga dimostra grande ignoranza sul tema". La dem Monica Cirinnà, che aveva firmato l'emendamento dichiarato inammissibile in Senato, ha promesso: "È arrivato il momento di accelerare. Non ci diamo per vinti".
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2020: sarà l'anno per investire in Canapa legale?
Investire sulla Canapa potrebbe diventare a breve un'opportunità reale per i risparmiatori Italiani ed Europei.
Ad aprire uno spiraglio, l'arrivo del primo Etf (exchange-traded fund) europeo dedicato alla canapa, e sarà disponibile in Inghilterra, Irlanda ed Italia.
Lanciato dal fondo Canadese Purpose Investments, Medical Cannabis and Wellness Etf sarà disponibile dal 13 Gennaio, quando verrà quotato in Germania secondo quando afferma il Financial Times.
Secondo le ultime stime di Jefferies equity research, la canapa è un affare da 11 miliardi a livello globale e potrà arrivare a 50 nei prossimi dieci anni; altre fonti affermano che il mercato potrà invece triplicarsi ed arrivare fino a 150 miliardi.
Il fondo Purpose è interessato ad investire in società attive nel mecarto della cannabis legale, di quella ad uso medico, della canapa e del cbd.
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Il 2020 sarà l'anno della Canapa come alternativa alla plastica?
Alle soglie del 2020, numerosi ed affermati studi ci informano che il 70% circa dei rifiuti presenti nei nostri oceani è composto da prodotti di plastica usa e getta. È quindi facile intuire come il problema sia urgente e grave.
Il processo di decomposizione della plastica è lentissimo, di conseguenza il suo accumulo nelle acque aumenta, rilasciando così frammenti di residui che vengono ingoiati dalle specie marine presenti, che a loro volta verranno mangiate da noi, entrando inevitabilmente a far parte della catena alimentare.
La questione è seria poiché ne possono derivare anche gravi problemi di tipo sanitario. La produzione di prodotti inquinanti ha un impatto negativo sull’ecosistema, per questo motivo aziende e piccoli imprenditori stanno iniziando a prendere in considerazione soluzioni alternative più valide.
Ed ecco che entrano in gioco le bioplastiche. Le plastiche di questo tipo sono in grado di essere biodegradabili al 100% ed inoltre sono prive di elementi tossici. L’idea non è del tutto nuova ma, a causa di alternative più economiche, seppur inquinanti, finora è stata decisamente ignorata.
La bioplastica di canapa può essere impegnata per la realizzazione di articoli usa e getta come ciotole, cannucce e bottiglie ma anche per oggetti a lunga durata ad esempio cellulari, tubazioni e automobili.
La creazione di bioplastica ha un impatto sull’ambiente minore se paragonato alle plastiche comuni, ricerche recenti hanno dimostrato che queste sono in grado di ridurre le emissioni di anidride carbonica, inoltre possono essere prodotte attraverso risorse carbon-negative come la canapa.
La bioplastica di canapa è sia biodegradabile che riciclabile ed è in grado di sostituire buona parte dei materiali realizzati a base di petrolio, si tratta di un composto di fibre naturali i cui prezzi sono accessibili, la materia plastica viene infatti ricavata dal gambo della pianta in quanto composto da un’elevata presenza di cellulosa.
La canapa è in grado di crescere in quasi tutti i terreni, dal momento della coltivazione al raccolto trascorrono solo 4 mesi. La facilità di coltivare questo tipo di pianta, e quindi la sua disponibilità, è uno dei suoi punti forti. Queste piante sono delle specialiste nell’assorbire anidride carbonica e non necessitano di pesticidi o fertilizzanti come altre risorse bioplastiche, ad esempio il legno o il cotone. Normalmente viene usata la plastica derivata dal petrolio, ovvero una fonte non rinnovabile destinata ad esaurirsi, mentre la plastica di canapa può essere usata nella stessa maniera con la differenza che è rinnovabile e non provoca inquinamento.
Secondo Matteo Gracis, autore del libro Canapa. Una storia incredibile, la canapa potrebbe davvero essere un’alternativa sostenibile al consumo della plastica, come rilasciato in una recente intervista ad Open:
«La canapa può essere una rivoluzione globale», dice l’autore «Non è una materia di nicchia. Nell'ambito del cambiamento climatico, la canapa potrebbe diventare uno dei nostri più grandi alleati, se sostituisse sarebbe una strategia vincente». Ma quali sono i rischi e i vantaggi di un'economia che guarda alla canapa per mettere in pratica una svolta green?
La canapa un'alternativa alla plastica. è un'opzione credibile?
«Oggi uno dei materiali che inquina di più viene fatto con il nylon che è un derivato del petrolio. Fino all'800 le reti da pesca erano fatte con la canapa. Una volta finito di usarle venivano gettate nell'oceano e nel giro di qualche anno diventavano cibo per i pesci. Quello che bisogna fare è cambiare tutta l'industria della produzione: ad esempio il portachiavi della mia auto è fabbricato di bioplastica ed è realizzato da una start-up siciliana. Ma lo stesso vale anche per la bioedilizia, il biocarburante (bioetanolo di canapa) e l'industria tessile che è tra le più inquinamenti al mondo. Non va dimenticato che i primi jeans Levi's avevano le tasche in canapa per poter sopportare il peso delle pepite d'oro dei ricercatori».
Industria della canapa e mercato del lavoro: quali conseguenze sull'occupazione?
«Da quando alcuni Stati americani hanno legalizzato la canapa il governo americano ha beneficiato di un introito di 4.07 miliardi di dollari dalla vendita della cannabis. Se si guarda ai dati statunitensi nel 2017 la legalizzazione ha portato a un incremento del 20 per cento dei posti di lavoro: sono stati 200 mila le nuove posizioni aperte grazie al mercato della canapa. É innegabile che la legalizzazione crei posti di lavoro.
Ma non è così per la cannabis light che è inserita in un mercato regolato da completa anarchia. E neppure per la cannabis terapeutica: è l'emergenza numero uno in Italia. La coltivazione è in mano a un monopolio statale gestito dall'esercito. Ci sono molte persone che hanno prescrizioni mediche regolari ma a causa dei prezzi elevati, molto spesso, non possono permettersi le cure.
Perché è così difficile far entrare la canapa nel dibattito istituzionale?
«Incredibilmente ci sono delle false notizie che erano state presentate al pubblico già negli anni 40 e che sono ancora dure a morire. I grandi cavalli di battaglia dei proibizionismi sono stati smontati da tempo: ad esempio, non è vero che sia la porta d'accesso al consumo di droghe più pesanti. Anzi, nei paesi in cui è legalizzata troviamo una diminuzione del consumo delle altre sostanze nocive. Si dice che con la legalizzazione ci sarebbe abuso, ma i dati parlano del processo inverso».
Resilienza Italia Onlus è profondamente convinta che la Canapa sia una risorsa estremamente utile per l'ambiente e l'economia e che necessiti di una legislazione adeguata per poter essere valorizzata al meglio. Se anche tu sei d'accordo, aiutaci oggi a realizzare il nostro sogno, il 2020 può davvero essere un anno di svolta per il nostro ambiente. Un mondo più sostenibile è possibile.
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Canapa, una pianta dai mille usi
Non c’è accordo sul numero esatto di utilizzi che si possono fare della pianta di canapa. Quello che è sicuro, è che sono davvero tanti e si incrociano tra prodotti della tradizione e nuovi studi che solo le moderne tecnologie permettono.
Il primo ritrovamento di un manufatto in canapa risale a più di 9 mila anni fa. La scoperta è stata fatta nel 2013 dal professor Ian Hodder, ed è la testimonianza che la canapa, per molte sue proprietà, ha accompagnato l’umanità in quasi tutta la sua storia.
Anche in Italia abbiamo avuto una forte tradizione agro-industriale legata alla canapa se pensiamo che fino agli anni ’50 del secolo scorso eravamo i secondi produttori al mondo per quantità, dietro alla Russia, e i primi per la qualità della fibra tessile, con oltre 100 mila ettari coltivati nei primi decenni del ‘900. La canapa è un vegetale erbaceo annuale, con un ciclo di vita che può durare dai 3 ai 10 mesi, a seconda della varietà e delle diverse condizioni ambientali. È suddivisa in 3 famiglie, la Cannabis Sativa, la Cannabis Indica e la Cannabis Ruderalis. Le varietà oggi registrate per l’utilizzo industriale, con contenuto certificato di THC inferiore allo 0,2%, sono tutte varietà in cui è certamente dominante il carattere di Cannabis Sativa.
Vediamo ora quali sono i principali utilizzi di questa pianta:
Alimentare. Il seme di canapa è il seme più nutriente che ci sia. Ha un contenuto di proteine pari al 20/25%, e contiene tutti e 9 gli amminoacidi essenziali. Contiene l’acido linoleico omega-6 e l’acido alfalinoleico omega-3, che sono acidi grassi essenziali, nel giusto rapporto per l’organismo umano. Inoltre sono presenti vitamine, fitosteroli, caroteni e minerali. Dalla spremitura a freddo dei semi si può ricavare un olio ad uso alimentare e cosmetico che è considerato un vaccino nutrizionale, nel senso che ha tutte le qualità di un alimento protettivo: se utilizzato quotidianamente aiuta ad esempio a rafforzare il sistema immunitario e a far abbassare i livelli di colesterolo. Dai semi è possibile inoltre ricavare farine per la creazione di prodotti da forno dolci e salati. In Italia il risveglio culturale sulle proprietà della pianta di canapa ha sempre di più la tavola come suo volano di crescita e sviluppo.
Carta. L’uso della fibra di canapa per produrre carta risale a più di 2000 anni fa. Attualmente, solo il 5% della carta mondiale viene fatta da piante annuali come la canapa o il lino. Ma agli albori della stampa la carta di canapa ebbe un ruolo preminente: le prime copie della Bibbia stampata da Gutenberg furono prodotte con questo tipo di carta e gli originali delle Costituzioni americana (1776) e francese (1791) sono scritte su carta di canapa. Fare la carta con la fibra e il legno della canapa comporta importanti vantaggi: innanzitutto per la sua enorme produttività in cellulosa, infatti un ettaro di canapa produce, in pochi mesi, la stessa cellulosa prodotta da 4 ettari di foresta in decenni. Inoltre la fibra e il legno della canapa sono già di colore bianco e la carta che se ne ottiene è già stampabile, mentre i composti chimici utilizzati per sbiancare e trattare la carta ottenuta della fibra di legno, sono dannosi. La possibilità della canapa nasce quindi da un forte motivo ambientale, oggi che tutte le foreste primarie d’Europa, e la maggior parte di quelle americane, sono state distrutte anche per produrre la carta.
Edilizia. Attorno ai materiali da costruzione naturali si può e si deve sviluppare una nuova edilizia, più in sintonia con l’uomo e attenta all’ambiente. Il contributo delle costruzioni in materiali vegetali alla salvaguardia ambientale deriva essenzialmente dalla capacità di non immettere, ma di “sequestrare”, biossido di carbonio. Al netto delle emissioni di trasporto e lavorazione, un metro quadro di muratura in canapa e calce ha sequestrato all’aria 35 chilogrammi di biossido di carbonio. Il composto di calce e canapa può essere utilizzato per una varietà di esigenze di costruzione che spaziano dalla muratura portante a quella divisoria, per arrivare alla pavimentazione.
Bio-plastiche. La plastica derivata dal petrolio ha i giorni contati. Esistono già diverse plastiche realizzate con cellulosa e fibre di canapa che possono costituire dal 50 al 100% del materiale. La fusione delle fibre di canapa nella plastica riduce la quantità di materiale derivato dal petrolio e migliora le qualità complessiva del prodotto: la bioplastica derivata dalla canapa è molto più resistente del polipropilene e l’utilizzo di queste fibre al posto di equivalenti sintetici elimina tutti i problemi legati ai rischi per la salute e allo smaltimento del materiale.
Tessile. Il tessuto per abbigliamento, arredamento, corde e tappeti, si ricava dalla fibra lunga della pianta di canapa. Come tessuto, grazie alla sua fibra cava, la canapa rimane fresca in estate e calda in inverno. Ha proprietà antibatteriche e antifungine ed è in grado di assorbire l’umidità del corpo, tenendolo asciutto e assorbe i raggi infrarossi e gli UVA fino al 95%. La resistenza agli strappi è tre volte maggiore a quella del cotone e tra le fibre naturali è quella che meglio resiste all’usura.
Cosmetica. L’olio di canapa presenta un rapporto veramente ottimale (1:3) tra i due acidi grassi essenziali più importanti: Omega 3 e Omega 6 e ne abbiamo rimarcato l’importanza per la nostra alimentazione. Per quello che riguarda invece l’utilizzo cosmetico, che incrocia in vari modi l’utilizzo alimentare e terapeutico come coadiuvante in diverse patologie, in particolare è da far notare la presenza elevata dell’acido γ-linolenico, che svolge un ruolo importante nella fisiologia e fisiopatologia della pelle, e dei tocoferoli, che sono un potente antiossidante naturale. Lenitivo e riequilibrante, è inoltre un olio ricco di vitamina E, che combatte i radicali liberi responsabili dell’invecchiamento precoce, e di vitamine del gruppo B (in particolare B1, B2, B6). Nell’olio di canapa i tre grassi acidi essenziali indicati sopra sono presenti in media tra il 60 e il 75% del totale e gli conferiscono proprietà antinfiammatorie e rigeneranti, che aiutano per il trattamento e la prevenzione di malattie della pelle come ad esempio l’eczema.
Benefici ambientali. La canapa fa bene all’ambiente semplicemente crescendo. Abbiamo visto sopra le sue capacità di sequestrare CO2 dall’atmosfera, 4 volte tanto rispetto agli alberi. Sommiamo poi i vantaggi che avremmo fermando la deforestazione, se utilizzassimo la canapa (pianta annuale) invece che foreste che per crescere ci mettono 3o anni, per produrre la carta di cui abbiamo bisogno. Pensiamo all’inquinamento che ci risparmieremmo sia nelle lavorazioni industriali, sia nello smaltimento, se utilizzassimo bio-platiche al posto delle plastiche altamente inquinanti, bio-carburanti al posto di benzina e diesel (che inquinanti sia durante l’estrazione di petrolio, sia durante la trasformazione e sia durante l’utilizzo) e bio-mattoni per costruire e isolare le case. Già così il mondo sarebbe diverso. La filiera della canapa non produce rifiuti realmente inquinanti o difficili da smaltire, e non causa danni ecologici, apportando contemporaneamente un miglioramento nell’ambiente in cui viene coltivata.
A quanto pare tutti questi punti a favore della canapa non sono ancora sufficienti per avere una regolamentazione, e una serie di leggi che possano favorirne la coltivazione anziché demonizzarla come in passato.
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